Il latino e il greco ci sono dentro
- gleniosabbad
- 1 de out.
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«I veri punk del XXI secolo siete voi.»— Andrea Marcolongo
— Glênio S. Guedes, Avvocato in Brasile(Testo pubblicato in italiano in omaggio ad Andrea Marcolongo)
La sostanza di una lotta: Oltre l’utile
Da lettori appassionati di Andrea Marcolongo, abbiamo seguito con ammirazione la sua battaglia per restituire dignità e senso alle lingue antiche. Il suo ultimo libro, Perché studiare latino e greco (non) è inutile, è una difesa vibrante, che parla senza filtri alla generazione di oggi. Ma più che limitarsi ad ammirare le sue parole, vogliamo spingerle oltre: coglierne il nucleo, farlo confrontare con le sfide del nostro tempo – un tempo segnato dall’intelligenza artificiale – e arricchirlo con un parallelo che viene da un’altra disciplina fondata sul rigore intellettuale: il diritto romano.
Il cuore del ragionamento di Marcolongo è un colpo inferto all’idea di “utilità” materiale e immediata. Una lingua, ci ricorda con forza, non è un cacciavite. Il suo valore è altrove, più in profondità. È esercizio di costruzione del sé.
Mettendoci di fronte a mondi lontani, eppure così umani, il latino e il greco ci insegnano che non siamo soli di fronte alle domande essenziali dell’esistenza. Sono il veicolo della trasmissione, quel «tesoro dal valore inestimabile» che ci lega a millenni di pensiero, di dubbi, di sogni. Ma soprattutto, sono una scuola di libertà. Tradurre è scegliere. Ogni parola ambigua, ogni struttura complessa è un invito a esercitare lo spirito critico (dal greco κρίνω, krinô, “scegliere”), quella «grammatica della libertà» che ci addestra a diventare cittadini consapevoli e responsabili.
Lo spirito critico contro lo spirito artificiale
Marcolongo denuncia le «sirene contemporanee» che predicano l’inutilità delle lingue antiche di fronte all’intelligenza artificiale. A questo punto, la sua difesa, già solida, deve farsi ancora più affilata. L’IA può fornire una traduzione in un istante, ma lo fa espropriandoci del processo. Ci consegna un prodotto senza lo sforzo, un sapere senza la conoscenza.
Il valore di una versione latina o greca non sta nel testo finale, ma nella disciplina dello spirito che impone: l’umiltà davanti all’incertezza, la pazienza nella ricerca sul dizionario, la logica necessaria per ricomporre i frammenti di un mosaico sintattico. L’IA è uno strumento potente, ma non sostituirà mai questa formazione interiore. Essa offre risposte; il latino e il greco insegnano a formulare le domande e a costruire da soli le proprie risposte. In un mondo saturo di informazioni predigerite, questa competenza non è obsoleta: è vitale.
Il metodo degli antichi: Dal diritto romano alla traduzione
Questa esigenza di metodo trova un’eco sorprendente nel diritto romano. La metodologia dei giuristi (Gaio, Ulpiano, Papiniano) non era l’applicazione meccanica di una legge, ma un’analisi casistica (casus), in cui ogni fatto veniva esaminato con precisione estrema per individuarne il principio corretto (regula, la “piccola riga” che misura il giusto).
Questo procedimento è l’immagine speculare del lavoro del classicista:
L’analisi grammaticale di una frase di Cicerone, dove ogni caso e ogni subordinata devono essere individuati perché il senso emerga, è della stessa natura dell’analisi che un giurista compie su un contratto o su una controversia.
La scelta decisiva della parola giusta, tra le molte offerte dal vocabolario, è analoga alla qualificazione giuridica dei fatti, dove il giurista deve trovare la categoria legale più pertinente.
In entrambi i campi, la lingua è terreno di esercizio di un pensiero che struttura, ordina e argomenta. Studiare il latino e il greco significa, spesso senza saperlo, avvicinarsi all’ossatura intellettuale che ha fondato il diritto occidentale. Significa imparare a costruire un ragionamento che si regge da solo.
Per un umanesimo “punk” e conquistatore
Come attrarre, allora, le nuove generazioni? Forse smettendo di giustificarci. Marcolongo ci offre una provocazione straordinaria quando definisce i giovani classicisti «i veri punk del XXI secolo». Facciamola nostra.
Studiare le lingue antiche, oggi, è un atto di resistenza: è rifiutare la facilità, la superficialità, l’immediatezza. È scegliere il tempo lungo della riflessione contro il tempo corto della reazione. Presentiamolo non come un’eredità polverosa da custodire, ma come un addestramento avanzato per la mente, un vantaggio competitivo in un mondo complesso. Imparare il latino e il greco significa dotarsi degli strumenti per decifrare le strutture profonde del linguaggio, del diritto, della politica e, in ultima analisi, del pensiero stesso.
Conclusione
In conclusione, le argomentazioni di Andrea Marcolongo non sono indebolite dalla nostra epoca: al contrario, trovano in essa una risonanza nuova e urgente. Arricchita dal parallelo con il metodo giuridico romano e affinata nel confronto con l’IA, la sua difesa ci invita a considerare gli studi classici non come un fine in sé, ma come il mezzo più sicuro per forgiare menti agili, critiche e profondamente libere.
Perché il latino e il greco non sono un sapere che si possiede: sono una struttura del pensiero che ci costituisce.
Ci sono dentro.


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